venerdì 6 gennaio 2017

Al di qua del paradiso di Francis S. Fitzgerald

Romanzo d'esordio di Fitzgerald, fu pubblicato nel 1920. L'edizione oggi in commercio (che comprende il singolo romanzo) è del 1996, edito Newton Compton, e presenta la copertina che vi lascio di fianco. Esiste anche il Mammut delle opere di Fitzgerald che comprende, tra gli altri, anche questo romanzo. 
La storia racconta le vicende di Amory Blaine, un giovane ricco e molto snob, con una personalità decisamente eccentrica. Il suo egocentrismo dipende però dall'educazione ricevuta dai suoi genitori, ed in particolare, da sua madre Beatrice, una donna che non accetta quasi il suo ruolo di madre poiché non accetta neppure di essere chiamata mamma. Preferisce farsi chiamare Beatrice anche da suo figlio. La madre sogna per il figlio una vita gloriosa e piena di successi, pretende che il figlio frequenti i migliori ragazzi della città e le migliori scuole. Verrà aiutato da Monsieur Darcy nelle scelte importanti della sua vita. Ma all'università, i castelli di sabbia fatti di prospettive e proiezioni future crollano miseramente. Amory capisce di essere cambiato, capisce che quello che sta facendo non è ciò che realmente gli piace, ma sta avverando solo il sogno di sua madre. Sta cambiando e si sente spaesato e confuso: non sa cosa fare della propria vita. Ancora una volta Monsieur Darcy (ex fidanzato giovanile della madre) accorre in suo aiuto e lo mette a nudo, mostrando, al di là delle proprie debolezze, i propri punti di forza tipici del suo carattere eccentrico e gli consiglia di darsi valore proprio sulla base del proprio carattere forte. Al di fuori del micromondo di Amory Blaine, la guerra imperversa. Ma Amory vive un'altra guerra, una guerra tutta interiore che gli strazia il cuore e lo cambia radicalmente. Una guerra contro l'amore, perché non lo porta alla felicità e non fa altro che spezzargli il cuore. Isabelle, Rosalind, Eleanor: in tutti i casi, la conclusione è sempre la stessa.

Questo libro è certamente un romanzo di formazione. Seguiamo le vicende di Amory Blaine dalla più tenera adolescenza fino all'inizio dell'età adulta. Amory cambia il suo carattere, si trasforma da fanciullo testardo ma spensierato, che credeva tutto possibile, in adulto cinico e disilluso. Non crede nel suo tempo, non crede nel progresso: il suo punto di vista è fortemente pessimista. Critica aspramente la società nella quale vive (emblematico è il dialogo con il "grosso omone" nelle ultime pagine). Si sente solo, ha perso molti amici in guerra, altri si sono allontanati e la sua guida, M. Darcy, muore improvvisamente. Amory si sente solo e spaesato, non sa cosa farne della propria vita e, soprattutto, del proprio futuro. Il romanzo si conclude con questo senso di amaro in bocca, non c'è una risoluzione effettiva da parte di Amory, solo una presa di coscienza della propria condizione.

Fitzgerald critica fortemente la generazione dei "vecchi", ovvero la generazione dei suoi genitori. Essi non hanno fatto altro che arricchirsi a dismisura, senza assicurare un futuro certo ai propri figli. Questi ultimi, di conseguenza, sono totalmente inesperti perché non hanno ricevuto delle basi corrette da parte dei genitori. Fitzgerald critica tutto il sistema, nulla può salvarsi. Amory si rivela, a sua insaputa, un comunista convinto e sostiene il pensiero comunista. Nelle ultime pagine Amory ha piena consapevolezza di questo suo cambiamento quasi naturale, improvviso e inconscio. Al "grosso omone" socialista si oppone Amory, fervido comunista che vorrebbe applicare la "politica della condivisione" propugnata dal comunismo. E' anche un romanzo politico, dunque. 

Questa presa di coscienza è, però, molto lenta, forse anche troppo. Per i pochi eventi importanti che accadono nel romanzo, 200 e più pagine sono forse anche troppe. C'è molta introspezione, nel senso che conosciamo molto dei pensieri di Amory, ma in alcuni punti l'ho trovato un po' troppo prolisso e noioso. A volte i discorsi si ripetevano e per questo motivo non sono riuscita a "divorare" il romanzo così come mi aspettavo. 

Ultimo inciso. La traduzione è decisamente troppo troppo vecchia. E' una vecchia traduzione del 1996 e il linguaggio e decisamente "non adatto" ai nostri tempi. Il Mammut si Fitzgerald contiene (purtroppo) la stessa traduzione. Perchè non aggiornarla? Esiste anche l'edizione della Minimum Fax ma non ho letto quell'edizione e quindi non so come sia la traduzione. Facciamo un appello alla Newton Compton al fine di pubblicare un'edizione più recente e meglio tradotta. Ma il problema non è solo la traduzione. Il testo è zeppo di refusi ed errori di stampa e di formattazione troppo evidenti e, in alcuni punti, anche snervante? Gli stessi refusi sono presenti nel Mammut. Ma una ricontrollatina prima di dare alle stampe il libro?? 

Nel complesso un buon libro, che mi sono ripromessa di rileggere tra qualche anno (magari nell'edizione della Minimum Fax). 





Voi l'avete mai letto? Come al solito fatemi sapere cosa ne pensate!
Buona epifania

  

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